Alice è una ragazza step by step. Una che non brucia le tappe, ma avanza guardinga e inesorabile. Per lei potrebbe valere il detto di Lessig, ossia che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere. Perché, come fece alle parallele – vincendo la prima medaglia italiana in quella specialità ai Campionati Europei di Stettino nel 2019, il bronzo per l’esattezza, e poi l’argento nell’edizione successiva, a Monaco di Baviera nel 2022 ( a Mersin nel ‘20 la FGI non andò per via del Covid), per finire con l’agognato oro ad Antalya, lo scorso anno – allo stesso modo la D’Amato, a Rimini, è salita di un gradino nell’all around, conquistando la piazza d’onore, dopo il terzo posto nel 2023 in Turchia. Chissà, di questo passo, che non arrivi il titolo, magari l’anno venturo, oppure che la regola del crescendo rossiniano – visto che siamo a pochi chilometri dalla Pesano del compositore marchigiano – non valga per lei e per le altre, a Parigi, quando ci sarà la chance di migliorare il quarto posto di Tokyo.

Ma se un argento continentale farebbe la gioia di tante, la ventunenne di Genova lo ha strappato con la tristezza nel cuore. Chiudendo sui suoi staggi, con il punteggio più alto, 14.633, di nuovo affranta per l’infortunio della gemella, proprio come a Monaco, quando dovette salire sullo stesso attrezzo, immediatamente dopo il volteggio fatale per la caviglia di Asia. Anche allora arrivò l’argento, dietro Elisabeth Seitz, e non ci fu nulla da festeggiare. Il punto è che proprio Asia, in infermeria, si preoccupava che le compagne non si preoccupassero, mentre cercava conforto, al telefono, con Giorgia Villa e Martina Maggio. Le Fate sono così, magiche e fragili, capaci di diventare un blocco di granito quando sono tutte insieme. E le valanghe di roccia, anche quando i massi si frantumano, vengono giù lo stesso, travolgendo tutto e tutti. Così è stato ieri, di fronte alla sfortuna, le azzurre hanno abbattuto ogni record, rovesciando il banco ginnico e piazzando tre italiane ai primi tre posti. Che fosse una superiorità antecedente o il frutto di una rabbia agonistica sopraggiunta, al cospetto delle avversità, è difficile dirlo. Resta il fatto che Alice ha ricreato intorno a sé il Paese delle Meraviglie, scacciando la strega cattiva.

E già, ieri sembrava che sulla pedana del corpo libero italiano si fossero addensate le nubi di un sortilegio. La Dea Sventura volteggiava come un corvo nero sopra la pedana e forse aveva puntato proprio Alice D’Amato, lunga sullo Tsukahara avvitato, con un fuori pedana di un piede da un decimino di punto, e poi sulla ribaltata salto avanti teso con due avvitamenti, sporcato con un altro oltre linea, stavolta con entrambi i piedi, da tre decimi, senza contare il doppio teso scarso sulla seconda riga. Insomma, una routine horror, da far venire i brividi sulla schiena ad ogni diagonale acrobatica. Scampato il pericolo Madam La Iella si è abbattuta, allora, sulla gemella, e Asia questa volta ha pagato pegno, uscendo tra le braccia di Salvatore Scintu. Proprio lei, creatura di una tempra meravigliosa, pari soltanto al suo sorriso, vittima di una serie incredibile di infortuni, quasi a dover scontare un oro nel completo bavarese che l’aveva consegnata al mito e alla leggenda. Quel meritato riconoscimento durò il tempo di un sogno, per infrangersi il giorno seguente su una maledetta rincorsa dei 25 metri. Alice, che il ginocchio lo consegnò al destino in tenera età, rischiando addirittura di compromettere il prosieguo della sua giovane carriera, adesso deve portarsi sulle spalle i meriti di entrambe le sorelle, come se la somiglianza fosse un dono della natura per ricordarci sempre che quando vince una, sono comunque in due.

“Sono riuscita ad arrivare in fondo grazie al mio carattere e alle persone che avevo intorno, alle mie compagne e soprattutto ai miei allenatori, Enrico Casella, Marco Campodonico e Monica Bergamelli. In campo gara mi hanno detto di non buttare via niente, che dovevo farlo sia per me, sia per Asia. Nel ripensarci provavo solo rabbia e non riuscivo a vedere oltre. Poi, andando avanti, col tempo, sono riuscita a ritrovare la concentrazione e le giuste motivazioni, per non avere rimpianti, buttando via un’occasione. La medaglia la dedico a mia sorella, non c’è dubbio.

Ho iniziato la trave con una sbavatura sul flic pancia dove penso di aver lasciato cinque decimi. Però ho portato a casa un esercizio pulito, molto bello. Scampato il pericolo sono andata al corpo libero con l’intenzione di non lasciare più niente alle giurie e, invece, ho visto completamente nero ed ho pensato: niente, non è giornata! Dopodiché si è fatta male Asia, ed ho preso un’altra batosta. Non so dove ho trovato la forza al volteggio. Lo dovevo sia a me che a mia sorella, alla mia famiglia, a papà che sicuramente era con noi.

Al termine della parallela ho abbracciato Marco (Campodonico, ndr.). Lui mi è stato sempre accanto, in tutti questi anni, mi ha aiutato davvero molto, anche a tirare fuori il carattere nei momenti di difficoltà. Tra le sue braccia ho sentito di potermi lasciare andare, e mi sono scese le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento. Spero per Asia che non sia nulla di grave. Mi dicono che lo sapremo al rientro a Brescia. Non vedo l’ora di rivedere Giorgia (Villa, ndr.) e Martina (Maggio, ndr.) che sono rimaste a casa. Abbiamo creato un gruppo fantastico, fin da quando eravamo piccoline e praticamente siamo cresciute insieme. Io non ho solo una gemella, ho tante sorelle. Per questo voglio dare il massimo nella finale a squadra. Le altre hanno bisogno anche di me e io non potrei mai abbandonarle, le devo aiutare a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissate”.

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