Tre medaglie nel giro di quaranta minuti, una per metallo. L’oro della spada a squadre femminile, il bronzo di Gregorio Paltrinieri e uno storico argento. Quest’ultimo è arrivato dalla squadra femminile della ginnastica artistica, che non saliva sul podio dalle Olimpiadi di Amsterdam 1928. Allora la medaglia portò la firma delle Piccole Pavesi, un gruppo di giovanissime ginnaste che ha perso la sua ultima rappresentante in vita (Carla Marangoni) nel 2018. Questa volta, invece, a festeggiare è la strepitosa Nazionale forgiata dal lavoro di Enrico Casella e dei suoi collaboratori a Brescia, centro operativo della rosa azzurra. Una selezione che è stata capace di assorbire due colpi che, psicologicamente e tecnicamente, potevano essere ferali: prima il grave infortunio di Asia D’Amato, poi lo stop di Vanessa Ferrari a un mese dall’Olimpiade. Questo non ha fermato l’impeto e la voglia di emergere della Nazionale italiana, che era reduce dall’argento individuale di Vanessa e dal quarto posto a squadre di Tokyo. C’era un tabù da sfatare e, dopo il secondo posto nelle qualificazioni, le Fate ci sono riuscite alla perfezione. Il percorso verso l’argento è iniziato con una buona rotazione al volteggio, dove i due doppi avvitamenti di Alice e Manila hanno aiutato l’Italia a restare nella top-3. Hanno fatto la differenza, in seguito, le parallele asimmetriche: Elisa Iorio si è sacrificata gareggiando da infortunata con un ottimo punteggio e, inoltre, Alice D’Amato ha battuto il punteggio di Simone Biles. L’Italia è così salita al secondo posto, approfittando del crollo della Cina, e non l’ha più abbandonato. La Gran Bretagna ha provato a insidiarlo alla trave, dove le azzurre si sono difese, e poi non ha approfittato dell’unico brivido azzurro. Quell’errore al corpo libero di Manila Esposito poteva costare caro, invece D’Amato e Andreoli hanno sistemato subito la situazione. Gli Stati Uniti hanno fatto la loro gara, trionfando col punteggio di 171.296 punti e una strepitosa Simone Biles, poi le azzurre: 165.494 i punti di Angela Andreoli, Alice D’Amato, Manila Esposito, Elisa Iorio e Giorgia Villa. Il bronzo è andato al Brasile, grazie allo strepitoso volteggio di Rebeca Andrade: 15.100 per beffare le britanniche, quarte per due decimi. Entusiasta il direttore tecnico della Nazionale Enrico Casella, nella zona mista: “C’è tanto lavoro alle spalle e tanto stare insieme, siamo una famiglia. Abbiamo lavorato molto, con principi sani, abbiamo anche saputo perdere e quando una ginnasta entra dà sempre il suo contributo, è questo il nostro punto di forza. Abbiamo cercato di dare uno spirito di gruppo e le ragazze lo hanno percepito in pieno, sapendo reagire. C’è sempre stata la capacità di non abbattersi, di non piangersi addosso, nemmeno quando Elisa (Iorio, ndr) si è fatta male”. Euforica anche Angela Andreoli, che fisicamente ha consegnato l’argento alle azzurre al corpo libero: “Avevo ansia, sapevo che dal mio esercizio passava il podio, ma le mie compagne sono venute da me a dirmi di rilassarmi e divertirmi. È l’emozione più grande che abbia mai provato, che mi ripaga di tutti i sacrifici fatti: rinunci alla tua vita da adolescente per inseguire il sogno delle Olimpiadi e coronarlo con l’argento dietro gli Stati Uniti. Simone Biles mi ha fatto i complimenti”. “Il più grande obiettivo per me e penso per tutte noi – ha aggiunto Giorgia Villa prima di scappare all’antidoping – sono le Olimpiadi. Questa medaglia ci ripaga degli infortuni e dei momenti difficili che abbiamo vissuto nel corso degli anni”. “Abbiamo cercato di pensare esercizio dopo esercizio – racconta Alice D’Amato ai tanti giornalisti presenti per ascoltare le Fate d’argento – senza pensare al risultato finale. Lo abbiamo guardato solo all’ultimo ma eravamo consapevoli che avremmo potuto conquistare un gradino del podio. Se pensavamo all’argento? Prima delle qualifiche no, poi dopo che abbiamo chiuso le qualifiche da seconde abbiamo cominciato a crederci”.
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