Dopo una notte insonne, con quella sensazione di aver vissuto qualcosa di cui parleranno i nipoti dei loro nipoti, le Fate d’Argento si godono il Villaggio Olimpico, tra gli applausi e i sorrisi degli altri atleti. In quell’Olimpo di divinità sportive i campioni si riconoscono e si rispettano. Simone Biles, ieri, dopo il corpo libero della D’Amato ha guardato le nostre ragazze e con un sorriso ha annuito, come a salutare il loro ingresso nel gotha. Benvenute Alice, Giorgia, Elisa, Angela e Manila, benvenute tra le grandi. I loro nomi entreranno negli annali come quelli delle Piccole Pavesi, le atlete tesserate per la Ginnastica Pavese 1879 che nel 1928 vinsero la prima medaglia al femminile del Comitato Olimpico Italiano ai Giochi Olimpici: Bianca Ambrosetti, Lavinia Gianoni, Luigina Perversi, Diana Pizzavini, Luisa Tanzini, Carolina Tronconi, Ines Vercesi, Rita Vittadini e Luigina Giavotti. Quest’ultima aveva 11 anni ed è tuttora la più giovane medagliata della ginnastica di tutti i tempi.
La più piccola, la più grande. Sulla rincorsa dei 25 metri della Bercy Arena c’è Manila Esposito, classe 2006, la cucciola dell’intera missione Coni a Parigi ma la regina d’Europa della ginnastica artistica femminile. Prima di lei ha saltato Jordan CHILES, ventitreenne vice campionessa olimpica a squadre a Tokyo 2021. Manila da Torre Annunziata, con papà Alfonso e mamma Margherita sugli spalti, accanto a Camilla Ugolini, la coach che l’ha cresciuta a Civitavecchia, prende lo slancio e corre, corre, sfrecciando su quella pedana color Tiffany briffata Parigi 2024, e al termine del suo Yurchenko con due avvitamenti incassa il primo 14.166 (D. 5.000 E. 9.166), in linea con quanto aveva fatto in qualifica. Anzi, ad essere pignoli, trentatré millesimi in più, quel quid che fa tendenza. Con Elisa Iorio out, l’unico altro doppio avvitamento è di Alice D’Amato. Madame cinque finali olimpiche (tante ne ha conquistate la poliziotta di Genova e come lei nessuna mai, nella storia FGI) arriva abbondante ma, al contrario del 28 luglio, il suo punteggio non può essere scartato. Il 13.933 (D. 5.000 – E. 8.933) comunque non è paragonabile al 13.200 del Q1, anzi dà un’ulteriore spinta all’Italdonne. Il boato del pubblico accompagna il salto di Simone Biles che con una Cheng, rondata flic mezzo più uno e mezzo avanti, arriva a sfiorare il 15. Dopo la stella texana tocca all’altra baby azzurra, Angela Andreoli, di cinque mesi “più vecchia” di Manila. In mondo visione il neo caporal maggiore dell’Esercito Italiano esegue il suo Yurchenko con un avvitamento e mezzo, esercizio che, se da un lato parte da meno rispetto ai doppi delle compagne, lei esegue in maniera molto pulita. Quasi da farlo sembrare semplice. Il 13.566 (D. 4.600– E. 8.966) della bresciana ci porta a quota 41.665. Qualche spicciolo in più in tasca rispetto al 41.632 del concorso di ammissione, la gara che ci aveva portato al secondo posto. E senza la Iorio è tanta roba!
Alle parallele, nella seconda rotazione, ritorna la regina di Buenos Aires, portabandiera Coni alla Cerimonia di chiusura degli Youth Olympic Games 2018, quando era poco più di una bambina. Poi alti e bassi, in una carriera che sembrava disegnata proprio tra gli staggi della ginnastica. Agli Assoluti di Cuneo, Giorgia Villa, oramai ventunenne, si era presa la convocazione graffiando le pedane nazionali con le unghie della leonessa. E a ripensarci, quell’infortunio nel 2021, a Napoli, oggi sembra un gioco del destino. Come se il Fato le avesse detto: aspetta, non è ancora il momento. A Tokyo, la squadra finì quarta, ieri la poliziotta di Bergamo sorrideva dalla piazza d’onore. Il suo esercizio è stato di poco superiore a quello scartato in qualifica, un decimo in più che comunque ha fatto legna. Dopo sale la Divina. Casella dichiarerà, dopo, in zona mista, che nemmeno lei ha ancora capito quanto sia forte. Ce ne mostra uno scampolo nella specialità che domina da due anni, in Europa. Uscita con doppio salto avanti et voilà, 14.633 (D. 6.300 E.8.333). Quasi la fotocopia della giornata inaugurale e un avvertimento alle altre sette finaliste per il 4 agosto. Chiude Elisa, che non si sarebbe persa la festa per nulla al mondo. La modenese conclude atterrando come un fenicottero, quasi su una gamba, e scende dal palco zoppicando, non come Kerri Strug ad Atlanta ’96 ma con lo stesso spirito eroico. I trattamenti del mago Salvatore Scintu hanno funzionato e la routine della Iorio si chiude con un altro doppio avanti. Il 14.266 (D. 6.300 – E.7.966) è di un decimo inferiore al punteggio di domenica, però vale il doppio, perché è servito a battere le avversarie e la sfortuna.
Al giro di boa l’Italdonne conta altri 42.665 punti e si riprende la seconda fila, alle spalle degli Stati Uniti, che fanno gara a sé. Anche se tra Jordan CHILES (14.366), Simone BILES (14.400) e Sunisa LEE (14.566), nessuna riesce a battere alle parallele il personale di Alice “Bumbum” D’Amato. Il giro olimpico, privilegio riservato alle prime due squadre, prevede ora la trave, dove Cina e Brasile si erano appena complicate la vita, in particolare con Julia Soares e Yaqin Zhou. La sensazione è che la strada per il podio sia stretta dieci centimetri e la medaglia sia in fondo a quei maledetti cinque metri, parafrasando il discorso di Al Pacino in “Any Given Sunday”. Casella cala gli assi e dopo aver risparmiato Manila alle parallele la lancia con una rondata flic, salto smezzato, salto smezzato sull’attrezzo di cui è la numero uno nel Continente. Manila bissa il 13.966 (D. 5.800 E. 8.166) delle qualificazioni, con una prestazione leggermente meno precisa sostenuta da un tasso di difficoltà maggiore (5.8 contro 5.6). La sicurezza che ostenta sulla “balance beam” è impressionante. E lo è ancora di più che la ostenti pure chi la segue. Alice D’Amato conclude la sua routine con un salto teso con due avvitamenti e mezzo e ci regala un altro 13.933 (D. 5.600 – E. 8.333). I 14 sfiorati sono pari ai diretti di un pugile, ogni colpo sembra dare il KO definitivo alla finale. Arrivano però i boati dalle parallele. Georgia-Mae Fenton e, soprattutto, Rebecca Downie con il suo 14.933 stanno portando il Team GB in paradiso. Ma niente paura, Angela Andreoli oramai ricorda Mr. Wolf di Pulp Fiction, risolve problemi. Il 13.300 (D. 5.600 – E. 7.700) con l’uscita in Tsukahara è un marchio di fabrica. Una certezza, come la morte e le tasse, dicono in America. Sotto gli occhi di Venus Williams e di qualche altro miliardo di spettatori incollati alla tv, le Fairy Five collezionano il totale di 41.199, inferiore soltanto a Stati Uniti e Canada. Il millesimo in più rispetto al Q1 testimonia quanto sia solida la squadra dell’Accademia di Brescia. Chiedetegli di fare la gara anche il giorno dopo e farebbero probabilmente gli stessi parziali.
All’ultimo giro, le azzurre hanno un bel vantaggio. Brasiliane e cinesi al volteggio e le britanniche in trance agonistica suggeriscono prudenza. Al corpo libero comincia la migliore di Rimini. Manila però sbaglia. Colpo di scena. Sulla diagonale della rondata con flic e teso con due avvitamenti e mezzo, mette una sola mano in terra sul teso avanti che viene considerata caduta. Il 12.666 (D, 5.100 E.7.666) con un decimo di penalità per un piede fuori fa suonare la sirena mentale. Il podio è quasi blindato ma tra bronzo e argento c’è una bella differenza. Intanto, una Rebecca, l’Andrade, spinge sull’acceleratore del volteggio volando a 15.100, mentre l’altra, la Downie, restituisce alla trave (12.933) ciò che aveva regalato alle parallele. Parte “Stanga” la musica che Alice D’Amato scelse ai Mondiali del 2022, dopo averla sentita in un esercizio delle Farfalle della Ritmica. Il 13.466 (D. 5.600 E.7.966) paga un altro arrivo abbondante fuori pedana ed è un po’ più fiacco del 13.700 di due giorni prima. È normale, le gambe tremano per la stanchezza e per l’emozione. All’orizzonte c’è un traguardo che manca da 96 anni. Doveva nascere lei, il 6 giugno 2006, per renderlo possibile. La diavoletta bresciana si supera, si sublima, si esalta al ritmo di “We are Justice” di Gabriel Saban. “Noi siamo la giustizia” e Il sontuoso 13.833 (D. 5.900 E. 7.933) è una sentenza che porta l’Italia in paradiso. 39.965 il parziale al suolo, 165.494 il totale sui quattro attrezzi. È argento, dietro alle marziane stelle e strisce. Un po’ come se fosse l’oro dei terrestri. Il Brasile scavalca la Gran Bretagna, bronzo a Tokyo proprio davanti a noi, e assaggia l’amaro del legno. Per le verdeoro è storia. Dopo l’acuto di Rebecca Andrade, seconda nell’all around del 2021, arriva la terza piazza a squadre. Lo stesso per la FGI che in Giappone volò sul talento del suo fenomeno, Vanessa Ferrari, e che oggi, senza Vanessa Ferrari, riesce a bissare quella medaglia con altri cinque talenti. E quando il successo fa scuola significa che la scuola è di successo. Canada, Cina, Romania e Giappone restano a guardare. Gli USA, assente la Russia, si riprendono il titolo di Rio 2016 e di Londra 2012 e, contando Atlanta 1996, calano il poker di ori a squadre. Fierce Five, Final Five, ormai il team è il Biles Five: Simone colleziona il suo ennesimo titolo. Li contiamo alla fine, visto che la sensazione è che non sia finita qui. Ecco, invece, qui di seguito il cammino del quintetto magico verso l’argento olimpico, tra gli applausi del Presidente del Coni Giovanni Malagò, primo tifoso alla Bercy Arena:
VOLTEGGIO: 41.665
Manila Esposito 14.166 (D. 5.000 E. 9.166)
Alice D’amato 13.933 (D. 5.000 – E. 8.933)
Angela Andreoli 13.566 (D. 4.600– E. 8.966)
PARALLELE ASIMMETRICHE: 42.665
Giorgia Villa 13.766 (D. 5.800 – E. 7.966)
Alice D’amato 14.633 (D. 6.300 E.8.333)
Elisa Iorio 14.266 (D. 6.300 – E.7.966)
TRAVE: 41.199
Manila Esposito 13.966 (D. 5.800 E. 8.166)
Alice D’Amato 13.933 (D. 5.600 – E. 8.333)
Angela Andreoli 13.300 (D. 5.600 – E. 7.700)
CORPO LIBERO: 39.965
Manila Esposito 12.666 (D, 5.100 E.7.666 P.-0.1)
Alice D’Amato 13.466 (D. 5.600 E.7.966 P -0.1)
Angela Andreoli 13.833 (D. 5.900 E. 7.933)
Foto Ricardo Bufolin/ FGI
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