Sofia Raffaeli, la predestinata, dopo aver fatto la storia, finalmente è entrata nella leggenda. Per riuscirci doveva salire su quel podio olimpico che era stato sempre una chimera per chi l’aveva preceduta. Anche le individualiste adesso hanno la loro regina. Non è arrivato l’oro dei sogni della vigilia, dopo una qualifica da urlo, troppo bella per essere vera. Non è arrivato l’argento, complici due errori dettati probabilmente dall’inesperienza di colei che, malgrado il blasone da stella mondiale ed europea, era pur sempre una ventenne all’esordio sul palcoscenico olimpico. È giunto il bronzo, meraviglioso per quei suoi colori aurei opachi, difeso con le unghie quando l’agente della Polizia di Stato ha arrestato una palla scivolosa, che, scivolando fuori, le avrebbe tarpato le ali. E poi quando ha pianto e poi riso al kiss&cry temendo di aver buttato via tutto con un rischio mancato al nastro. Intanto Baldassarri, chiudeva all’ottavo posto, nell’ennesima finale all-around consecutiva, peggiorando sì rispetto a Tokyo, di due posizioni, ma strappando pur sempre il miglior piazzamento della FGI, dopo la 7ª piazza della Staccioli, quarant’anni fa, e la 6ª, proprio sua, di Milena, in Giappone, tre anni or sono. La ravennate, fabrianese d’adozione, dal 2017 ad oggi non ha mai mancato una finale all-around, iridata o olimpica, e questa impressionante regolarità, lungo otto anni difficili, è segno di classe, costanza, dedizione e professionalità. Chapeau! Era la quinta volta che l’Italia portava due individualiste, la prima entrambe in finale. Sono tredici in tutto le azzurre che possono vantare una partecipazione ai Giochi Olimpici ma nessuna era mai arrivata a giocarsi il podio. A quattro decadi esatte dall’inserimento dei piccoli attrezzi nel programma del CIO, in America nel 1984, dopo Giulia Staccioli (7ª a Los Angeles e 18ª a Seul), Cristina Cimino (15ª a Los Angeles), Micaela Imperatori (12ª a Seul), Samantha Ferrari (12ª a Barcellona), Irene Germini (13ª a Barcellona e Atlanta), Katia Pietrosanti (14ª ad Atlanta), Susanna Marchesi (10ª a Sydney), Laura Zacchilli (13ª ad Atene), Julieta Cantaluppi (16ª a Londra), Veronica Bertolini (19ª a Rio de Janeiro), Alexandra Agiurgiuculese (15ª a Tokyo) e Milena Baldassarri 6ª in Giappone, è arrivata lei, Sofia Raffaeli da Chiaravalle, nata il 19 gennaio 2004 (nell’anno in cui le Farfalle dell’Insieme si vestivano d’argento), la nuova dea dell’olimpo della ritmica. Contando i tre precedenti della squadra – il secondo posto di Atene, il terzo di Londra e Tokyo – quello di venerdì 9 agosto è il quarto podio ai Giochi dei piccoli attrezzi italiani, per la seconda volta sul gradino più basso, dopo Manila Esposito alla trave. Il computo del bottino ginnico nella Ville Lumiere sale così a quattro medaglie – come non era mai accaduto prima, fatta eccezione per le sette di Los Angeles 1932 – e il medagliere di tutti i tempi vola a quota 36, con 15 ori, 8 argenti e 13 bronzi. 1984, esordio della ritmica alle Olimpiadi, 2004 prima medaglia d’Insieme, 2024 la prima individuale. Cadenze ventennali. C’è una certa armonia nei numeri dei piccoli attrezzi, la stessa che riscontriamo in pedana. A tal proposito, il titolo va alla tedesca Darja Varfolomeev, protagonista di una prestazione impeccabile. Nulla a che vedere con il giorno precedente, quando la diciassettenne di origini russe aveva mostrato qualche incertezza. Il 142.850 della campionessa del mondo lascia poco spazio alle recriminazioni. Con i migliori parziali in tutti gli attrezzi e il secondo al nastro, il talento di Barnaúl, città del sud-ovest della Siberia, ha congelato la corsa all’oro fin da subito, lasciando che le altre, dietro, si litigassero il resto. Ne ha approfittato l’esperta Boryana Kaleyn, l’unica della top ten, insieme alla nostra Baldassarri, ad essere stata presente in quel di Tokyo nel 2021, tra l’altro chiudendo quinta proprio davanti a Milena. La ventiquattrenne di Sofia ha totalizzato 140.600 punti, con due secondi posti a cerchio e palla e l’exploit finale al nastro. Terza la “formica atomica” con il personale di 136.300, una bella routine alle clavette, la seconda di giornata da 35.900, un cerchio iniziale competitivo da 35.250, e due passi falsi alla palla da 32.900 e al nastro da 32.250. Malgrado due perdite la marchigiana è apparsa superiore alla seconda tedesca Margarita Kolosov arrivata a quasi un punto dal bronzo con 135.250. A ruota tutte le altre, cominciando da una delle più attese, l’israeliana Daria Atamanov (133.850), seguita dalla slovena Ekaterina Vedeneeva (131.900), dalla cinese Wang Zilu (131.550), dal nostro aviere dell’Aeronautica Militare (129.700), dalla ucraina Taisiia Onofriichuk (128.400) e dalla brasiliana Barbara Domingos (123.100). Il successo odierno conferma ancora una volta la qualità della scuola italiana di ginnastica ritmica e premia le decisioni federali quando, di fronte all’addio improvviso di Julieta Cantaluppi, dopo i mondiali di Valencia, si scelse di puntare sulla giovane ma talentuosa Claudia Mancinelli, che adesso può dire, a ben donde, di essere una tecnica olimpionica.
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